Pubblico l'interessante risposta di Ulisse Acquaviva (MAMMA!) a Michele Serra.
L'ex direttore di "Cuore" dice la sua: il problema della satira è che i giovani non si aggregano.
Caro Michele Serra, tanti saluti dalla satira perdente.
"La satira italiana ha vinto. I suoi autori storici oggi sono tutti accasati nei giornali veri e godono di una solida fama".
Su un giornale di cui ignoro il nome (l'articolo mi è stato inoltrato via Facebook) compare un articolo sulla satira a firma Michele Serra: vista l'autorevolezza del personaggio in questione, e considerate varie inesattezze che meritano una risposta, eccomi qui a replicare.
Sono consapevole che in Italia si ragiona per cricche. Probabilmente questa polemica mi costerà l'antipatia personale di Serra e mi attirerà gli strali di molti "colleghi", ma quando ho accettato l'invito a imbarcarmi nel progetto della rivista Mamma! ho fatto voto di fedeltà ai lettori e alla mia intelligenza, anche a costo di dire cose impopolari mettendo in discussione personaggi popolari quando dicono qualcosa che non mi quadra.
Chiusa la premessa, veniamo al punto, ed esaminiamo con attenzione questo articolo, dove c'è scritto che "la satira italiana ha vinto ... i suoi autori storici ... oggi sono tutti accasati nei giornali veri, pubblicano per editori importanti, lavorano per la televisione o per il teatro, godono di una solida fama".
Primo dubbio: per Serra la "vittoria" era quella di trovare un posto all'ombra dei padroni editoriali o televisivi? L'arruolamento nelle truppe Endemol del potere televisivo berlusconiano? La conquista del posto fisso nei cartelloni teatrali? Il raggiungimento di una solida fama?
Ma non era lui che dalle pagine di Cuore ci spiegava, ancora prima dei "No Global" che c'era un "altro mondo possibile", una serena normalità italiana alla quale avevamo il diritto di aspirare ricercando un benessere individuale che non danneggia il prossimo? Non era lui che ci ha aizzato durante Tangentopoli a celebrare gli strattoni che tiravano giù i potenti dai troni per riempirci i polmoni con l'aria profumata di una svolta epocale all'insegna di un nuovo impegno civile? Insomma, Serra: non eri tu che ci hai fatto credere che gli sberleffi possono cambiare il mondo e che i giullari di corte sono gli unici che possono fare al re le pernacchie che si merita? E ora come si concilia tutto questo con la tua definizione di "vittoria", intesa come realizzazione professionale da parte di un piccolo gruppetto di colleghi, che tra l'altro comprende figli e figliastri? Non è che la Satira magari ha perso, perché nel 1994 c'erano Cuore e Berlusconi e ora c'è solo Berlusconi?
Sempre riguardo alla presunta vittoria, provate a dire "hai vinto e godi di una solida fama grazie alla satira" guardando negli occhi gente come Marco Scalia, Massimo Caviglia, Gianni Allegra e tanti altri autori storici che oggi fanno la fame, o vivono di altri lavori, o si sono dati alla saggistica, o si sono riciclati come consulenti editoriali, o peggio ancora hanno appeso la matita o la penna al chiodo.
Loro sono rimasti fuori dalla cricca dei "vincenti" nel mondo editoriale, e non per demeriti individuali, ma solo perché sono stati sfortunati, troppo liberi e incontrollabili a livello artistico, non funzionali alle esigenze di qualche editore, oppure troppo esigenti sul piano etico e conseguentemente refrattari ai compromessi (lo sa Serra che il suo giornale che a Catania fa accordi con l'imprenditore Ciancio in odore di Mafia, e che la Endemol per cui lui lavora come autore a "Vieni via con me" è di proprietà di Berlusconi?)
Un esempio per tutti: Francesco Cascioli, un grande autore scomparso di recente, tra le colonne storiche de "Il Male" e grandioso autore dei testi di "Ciacci", un fumetto che ha segnato una generazione di studenti dalle pagine di "Linus". Dimenticato dai "giornali veri", dagli editori importanti, dalla televisione, dal teatro e anche da vari ex colleghi,
Cascioli ha concluso la sua grandiosa carriera di fotomontaggista e autore satirico sulla rivista "Mamma!", che si è sempre ritenuta onorata di poter ospitare i suoi contributi, e al tempo stesso triste per la consapevolezza di essere diventata l'unico spiraglio possibile per giganti di questa levatura, che avrebbero meritato visibilità e compensi diversi da quelli che può offrire il nostro artigianato editoriale.
Per vivere, Cascioli non si è adagiato sugli allori della sua "solida fama satirica", ma si è inventato mille lavori e li ha fatti bene tutti e mille grazie alla sua grande cultura, intelligenza e capacità di adattarsi ai cambiamenti delle nuove tecnologie. Se ha vinto nella vita, anche fuori dalla satira, è stato per l'impegno che ha messo nelle cose che amava, e non certo grazie a qualche "giornale vero", "editore importante" o canale televisivo.
E ancora: provate a dire "sei nel gruppo dei vincenti" a quelli che oggi scrivono e disegnano per quotidiani nazionali accettando di lavorare gratis, o nella migliore delle ipotesi accettando compensi nemmeno lontanamente paragonabili alle tariffe extralusso in vigore nei tempi d'oro dell'editoria, dove una vignetta veniva pagata anche una milionata, proprio per non costringere gli autori a dover fare un collage di mestieri. Altro che i cento euro di oggi (quando va bene, più spesso cinquanta, trenta o gratis). Non è che la vittoria di Serra, spacciata come vittoria di una generazione di satiri in realtà è il successo professionale di un ristretto gruppo di fortunati?
"Una generazione di talento ha finito per occupare il palcoscenico tutto intero, rubando involontariamente spazio e occasioni a eventuali giovani autori".
Benissimo, ottima analisi, e allora che facciamo per le nuove generazioni? Rimarrai sdraiato sulla tua amaca repubblicana oppure ci darai una mano? Hai intenzione di spendere la tua "vittoria e solida fama" conquistate a livelo editoriale per aiutare qualche iniziativa a decollare brillando (anche) di luce riflessa grazie alla tua firma? Ti stimola l'idea di unire le tue risorse con l'energia creativa di gruppi emergenti o ti basta discettare sulla stampa patinata di un presunto "ristagno della satira"?
Di un "ristagno" tutto da dimostrare si parla anche nel seguito dell'articolo, dove si lamenta una "dispersione impressionante delle esperienze artistiche ... polverizzate dentro una nebulosa dove passa di tutto ma quasi niente si coagula. E senza creare gruppo, corrente, banda di amici, difficilmente nasce qualcosa di strutturato".
Prospettiva legittima, ma vorrei aggiungere la mia: dalla trincea delle autoproduzioni editoriali, dove ogni giorno scorrono lacrime, sudore e sangue nel faticoso tentativo di aprire nuovi spazi, di ristagno non ne vedo nemmeno l'ombra. Vedo invece decine di autori vecchi e nuovi, che non hanno un problema generazionale, ma un problema professionale.
E non vedo neppure i "problemi di coagulazione". In un deserto editoriale che ormai ha perso interesse per la satira come prodotto vendibile, questi autori si organizzano e fanno gruppi, correnti e bande di amici che portano avanti progetti strutturati come Spinoza, ScaricaBile, Inserto Satirico e anche la rivista "Mamma!", che esiste e resiste con uno zoccolo duro di abbonati.
Guardando i numeri in gioco questi abbonati possono sembrare pochi, ma ne andiamo fieri e li ringraziamo uno per uno, pensando che a differenza di Cuore non abbiamo avuto come "incubatrice" un giornale di partito, non abbiamo avuto investimenti iniziali di "editori puri", non abbiamo avuto finanziamenti pubblici e di recente ci hanno anche soppresso le tariffe agevolate per la spedizione in abbonamento postale. In breve, ogni lettore ce lo siamo conquistato a colpi di satira e senza scorciatoie.
Se si scende dall'olimpo della grande stampa, si può scoprire che la satira su internet è tutt'altro che una "nebulosa", ma è semplicemente una costellazione, dove sono chiaramente distinguibili un buon numero di autori che non supera le due cifre e alcuni progetti significativi che non superano la decina, qualcuno in più ma non molti di più di quelli attivi ai tempi di "cuore".
Questi progetti sono molto diversi tra loro per impostazione culturale e piano editoriale, e al loro interno sono presenti autori con le opinioni e gli orientamenti più vari, ma credo che su una cosa si possa essere tutti d'accordo: l'aiuto che ci è arrivato dal mondo dei "vincenti di solida fama" non è stato all'altezza delle aspettative, men che meno delle potenzialità che voi "vincenti" avreste avuto per dare nuova forza a un genere editoriale in via di estinzione mentre il mercato, il governo e gli editori fanno di tutto per sopprimerlo.
Caro Michele Serra, prendila sul personale, ma in senso buono: magari non ti rendi conto di quello che tu e i tuoi "colleghi vincenti" avete rappresentato per noi che siamo cresciuti leggendo i vostri articoli, fumetti e vignette. Se abbiamo deciso di fondare la rivista di giornalismo satirico a fumetti "Mamma!" anche a costo di rimetterci di tasca nostra, la passione necessaria a questo azzardo l'abbiamo trovata anche grazie a voi, grazie al vostro coraggio nel tentare strade nuove, grazie al fatto che ci avete dimostrato la possibilità di lavorare scrivendo, disegnando e divertendosi, lottando contro il potere armati di intelligenza e di ironia.
Ma adesso voi "vincenti" ci lasciate col culo per terra, non ci aiutate col potere della vostra "solida fama" a far decollare i nostri progetti, guardate il vostro ombelico e cantate vittoria solo perché un piccolo manipolo di autori si è infiltrato sulla stampa di sempre, e per giunta iniziate a fare discorsi da vecchi del tipo "tutto è molto nebuloso, la satira non è più quella di una volta".
A meno di clamorosi cambi di rotta, se voi ci abbandonate al nostro destino liquidando il problema della satira con analisi frettolose siamo davvero messi male. Dopo aver perso il sostegno degli editori che non investono più, dei giornali che non pagano più e dei partiti che non aprono più spazi creativi sui loro giornali, perderemo l'ultimo sostegno che ci rimane: quello dei nostri riferimenti culturali. Magari è vero che Babbo Natale non esiste, e che Michele Serra non era un leader ideologico come lo abbiamo percepito da ragazzi, ma un "semplice" giornalista alla ricerca di una legittima affermazione professionale. Però ti chiediamo un piccolo favore: se è vero che Babbo Natale non esiste, non dircelo così brutalmente, perché qui stiamo ancora apparecchiando l'albero sperando che prima o poi scenda dal camino.
Con amicizia e stima, ma anche con la dovuta franchezza,
Ulisse Acquaviva
fonte: http://www.mamma.am/mamma/articoli/art_7878.html
Visualizzazione post con etichetta Schizzi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Schizzi. Mostra tutti i post
martedì 7 dicembre 2010
lunedì 22 novembre 2010
Schizzi, n.20
Bile again!
Bile ritorna su Terra, il quotidiano dei Verdi (sì, pare che ancora esistono) (e sono capaci di grandi cose, al loro interno). Qui trovate le due pagine di satira realizzate da cinque bambini cinesi durante la pausa pranzo di 30 secondi.
Qui sotto il compunto entusiasmo de Il Fatto Quotidiano che annuncia la morte di B.

P.S. Parlo male di Fabio Fazio su un quotidiano ecologista. Al confronto, la necrofilia con Giovanni Paolo II ha una sua dignità.
Bile ritorna su Terra, il quotidiano dei Verdi (sì, pare che ancora esistono) (e sono capaci di grandi cose, al loro interno). Qui trovate le due pagine di satira realizzate da cinque bambini cinesi durante la pausa pranzo di 30 secondi.
Qui sotto il compunto entusiasmo de Il Fatto Quotidiano che annuncia la morte di B.

P.S. Parlo male di Fabio Fazio su un quotidiano ecologista. Al confronto, la necrofilia con Giovanni Paolo II ha una sua dignità.
Tags
Bile,
che tempo che fa,
fazio,
Scaricabile,
Schizzi,
vieni via con me
domenica 17 ottobre 2010
Schizzi, n.18
Suggeritomi da mio cugino Salvatore Torregrossa, nel tempo libero musicista e musicoterapista.
Non è attuale, di più!
Non è attuale, di più!
Tags
nino taranto,
popolo,
Schizzi
giovedì 30 settembre 2010
Schizzi, n.17
Berlusconi, una storia italiana.
Tags
berlusconi,
democrazia,
di pietro,
fiducia,
Schizzi,
stupratore
venerdì 24 settembre 2010
Schizzi, n.16
Il menefreghismo degli operai della Fincantieri è agghiacciante. Mentre in studio si parla della proprietà di una casa a Montencarlo che smantellerebbe la credibilità di Fini ricomponendo la maggioranza, loro sono lì in collegamento, impassibili, come se niente stesse accadendo.
Tags
annozero,
fincantieri,
fini,
Schizzi
lunedì 19 luglio 2010
Schizzi, n.14
Stracciate la legge-bavaglio, il rischio che Repubblica continui con i "Lo sapete che..." è troppo alto.
Tags
guzzanti,
legge-bavaglio,
repubblica,
Schizzi
domenica 27 giugno 2010
venerdì 18 giugno 2010
Schizzi, n.12
Diego Bianchi, in arte Zoro, intervista il Sindaco de L'Aquila.
Tags
Diego Bianchi,
L'Aquila,
Schizzi,
terremoto,
Zoro
domenica 13 giugno 2010
Schizzi, n.11
DARIO FO - "FIRMO ARTICOLI CON VOI: PRONTO AD ANDARE IN CARCERE!"
«Sto guardando la tv, è incredibile quello che sta accadendo, quel che sta dicendo Berlusconi, quel che gli risponde la platea... cos’è che volevi?». Cos’è che volevamo da Dario Fo? Ecco, ci serviva un testimonial di lusso, qualcuno che coprisse con la sua autorevolezza internazionale tutto quello che faremo come giornalisti per forzare il blocco imposto dalla legge bavaglio. Disobbedienza civile, violare una legge fascista, rischiare direttamente, a questo siamo. «Ma aspetta, perché non siamo alle solite, te l’ho detto, strano, il teatro non è più lo stesso...».
Coraggio, che accade?
«Berlusconi non sta banalmente andando giù pesante con le parole, è oltre la pesantezza, oltre il copione, improvvisa sgangherando e la platea di confartigianato se n’è accorta. È abbastanza terribile, non era mai successo prima. Lui sta lì a cercare il plauso, il segno dell’incontro ma non lo trova, è un’esperienza angosciosa per un attore, deve esserlo anche di più per un politico. E non ci ha provato una volta sola, niente da fare non ci riesce».
Sì, ma smettiamo: ascoltarti è peggio che vedere, niente di più inquietante di un flop in diretta raccontato da te...
«Lascia che dica: sembra un finale di partita, livido. Bersani ha fatto bene a rispondergli secco. Dunque, sì, accetto, firmo, sottoscrivo le cose a rischio. Non ti lasciano spazi, hanno imposto di nuovo la fiducia e vanno giù dritti. Quello che fa, il modo con cui smantella gli istituti del diritto in questo paese è illegale».
Ti farai carico allora di ciò che comporta questa assunzione di responsabilità?
«Tranquillamente. È una vita che siamo costretti a non accettare le indicazioni di percorso. E a risponderne, non sono nuovo a questo genere di resistenza, del resto l’unico modo per reagire è questa: disobbedire, la disobbedienza civile».
Dicevi che «conosci la strada»...
«Certo, sono già finito in galera giusto perché non accettavo le regole. Roba seria, c’era un prefetto di mezzo. Ma mi hanno dato ragione e hanno anche condannato chi mi ha arrestato perché era anticostituzionale quell’arresto».
Bravo: sembri sereno di fronte all’ipotesi di finire «dentro»...
«Cosa vuoi, alla mia età un po’ di galera ogni tanto fa bene. Anzi, farebbe bene a tanta gente che invece non ci va mai. Invece credo che se qualcuno ci andrà sarò ancora io. Non per far la vittima, ma non vedo nell’immediato un’ondata di coraggiosi pronti a farsi carico».
Amarezza? Sarcasmo?
«Mannò. Sai, non bisogna lasciarsi andare alla proiezione meravigliosa del popolo che si getta in avanti. E anche tra i politici diciamo che il coraggio non è, attualmente, la dote più in vista».
Capito: solo saggezza...
«Esatto. Qualcuno dirà: gli hanno dato il Nobel, cosa cavolo vuole adesso, anche la galera? Sai che ti dico? In una paese come il nostro, finire in cella è un onore. Se pensi che chi invece dovrebbe finir dentro è al potere. Ecco dove ci hanno sbattuti: questo è snobismo forte. Mi vien quasi da ridere, anzi rido. Ripenso a quel che ho visto in tv un attimo fa, a quello spettacolo agghiacciante, e sto parlando solo di uno schema teatrale. Scena rara e penso che solo una risata possa sciogliere il ghiaccio che riversa sulla platea, industriali e telespettatori. Solo che per ridere senza isterismi ci vuole una forza morale non consueta».
Ci risiamo: una risata vi seppellirà. Intanto ci viene niente da ridere e quel signore sta seppellendo democrazia e paese...
«Sì, sì, lo so. Mi dò un po’ di arie per via dell’età e di quel che ho visto e passato, di quel che so del teatro. Sai cos’è l’orizzonte? Ecco, non devi temere, la strada c’è sempre basta saperla vedere. Ora siamo al buio, concordo, siamo o dovremmo essere frastornati perché è così che ci vogliono. E un po’ lo siamo davvero. Ma conviene non perdere bussola e lucidità. Ricordandoci che dipende da noi, sempre da noi. Intanto, coviamo una immensa risata, servirà».
http://www.dariofo.it/node/418
«Sto guardando la tv, è incredibile quello che sta accadendo, quel che sta dicendo Berlusconi, quel che gli risponde la platea... cos’è che volevi?». Cos’è che volevamo da Dario Fo? Ecco, ci serviva un testimonial di lusso, qualcuno che coprisse con la sua autorevolezza internazionale tutto quello che faremo come giornalisti per forzare il blocco imposto dalla legge bavaglio. Disobbedienza civile, violare una legge fascista, rischiare direttamente, a questo siamo. «Ma aspetta, perché non siamo alle solite, te l’ho detto, strano, il teatro non è più lo stesso...».
Coraggio, che accade?
«Berlusconi non sta banalmente andando giù pesante con le parole, è oltre la pesantezza, oltre il copione, improvvisa sgangherando e la platea di confartigianato se n’è accorta. È abbastanza terribile, non era mai successo prima. Lui sta lì a cercare il plauso, il segno dell’incontro ma non lo trova, è un’esperienza angosciosa per un attore, deve esserlo anche di più per un politico. E non ci ha provato una volta sola, niente da fare non ci riesce».
Sì, ma smettiamo: ascoltarti è peggio che vedere, niente di più inquietante di un flop in diretta raccontato da te...
«Lascia che dica: sembra un finale di partita, livido. Bersani ha fatto bene a rispondergli secco. Dunque, sì, accetto, firmo, sottoscrivo le cose a rischio. Non ti lasciano spazi, hanno imposto di nuovo la fiducia e vanno giù dritti. Quello che fa, il modo con cui smantella gli istituti del diritto in questo paese è illegale».
Ti farai carico allora di ciò che comporta questa assunzione di responsabilità?
«Tranquillamente. È una vita che siamo costretti a non accettare le indicazioni di percorso. E a risponderne, non sono nuovo a questo genere di resistenza, del resto l’unico modo per reagire è questa: disobbedire, la disobbedienza civile».
Dicevi che «conosci la strada»...
«Certo, sono già finito in galera giusto perché non accettavo le regole. Roba seria, c’era un prefetto di mezzo. Ma mi hanno dato ragione e hanno anche condannato chi mi ha arrestato perché era anticostituzionale quell’arresto».
Bravo: sembri sereno di fronte all’ipotesi di finire «dentro»...
«Cosa vuoi, alla mia età un po’ di galera ogni tanto fa bene. Anzi, farebbe bene a tanta gente che invece non ci va mai. Invece credo che se qualcuno ci andrà sarò ancora io. Non per far la vittima, ma non vedo nell’immediato un’ondata di coraggiosi pronti a farsi carico».
Amarezza? Sarcasmo?
«Mannò. Sai, non bisogna lasciarsi andare alla proiezione meravigliosa del popolo che si getta in avanti. E anche tra i politici diciamo che il coraggio non è, attualmente, la dote più in vista».
Capito: solo saggezza...
«Esatto. Qualcuno dirà: gli hanno dato il Nobel, cosa cavolo vuole adesso, anche la galera? Sai che ti dico? In una paese come il nostro, finire in cella è un onore. Se pensi che chi invece dovrebbe finir dentro è al potere. Ecco dove ci hanno sbattuti: questo è snobismo forte. Mi vien quasi da ridere, anzi rido. Ripenso a quel che ho visto in tv un attimo fa, a quello spettacolo agghiacciante, e sto parlando solo di uno schema teatrale. Scena rara e penso che solo una risata possa sciogliere il ghiaccio che riversa sulla platea, industriali e telespettatori. Solo che per ridere senza isterismi ci vuole una forza morale non consueta».
Ci risiamo: una risata vi seppellirà. Intanto ci viene niente da ridere e quel signore sta seppellendo democrazia e paese...
«Sì, sì, lo so. Mi dò un po’ di arie per via dell’età e di quel che ho visto e passato, di quel che so del teatro. Sai cos’è l’orizzonte? Ecco, non devi temere, la strada c’è sempre basta saperla vedere. Ora siamo al buio, concordo, siamo o dovremmo essere frastornati perché è così che ci vogliono. E un po’ lo siamo davvero. Ma conviene non perdere bussola e lucidità. Ricordandoci che dipende da noi, sempre da noi. Intanto, coviamo una immensa risata, servirà».
http://www.dariofo.it/node/418
Tags
berlusconi,
fario fo,
legge-bavaglio,
Schizzi
sabato 22 maggio 2010
Schizzi, n.9
Da "Il Fatto Quotidiano"
21 maggio 2010
di Alessandro Bergonzoni21 maggio 2010
Concetti come memoria, eroi, sbarchi, conquista, principi, sacro, esempio, diritti e doveri, Patria, istituzione, libertà, come fanno ad atterrare in noi se per alcuni non stanno nè in cielo né in terra? Come fanno ad atterrare se l’aeroporto di certe intelligenze e di certe coscienze (e non si sa se certe) è corto o imballato di eroi del calcio che sfregiano la parola credere, di pubblico che applaude soprattutto ai funerali di Stato di un presentatore, di tre starlette che dello sbarcare conoscono solo il lunario e le rispettive isole famose, di intrattenitori che fanno miti della mitezza, di politici e imprenditori che confondono il sacro col propano.
Combustibile per fare aumentare soprattutto il prodotto interno lordo e il produrre lorde interiorità, trasmissioni che confondono prìncipi con principi, autori e allenatori che usano la parola conquista abbinata alla parola classifica, paparazzi che fanno agguati al senso e all’intelletto, direttori di rotocalchi che pensano che esistere significhi esserci e accoltellano la bellezza a suon di corpi e di paralizzati dalle tempie in su.
Pensanti che ci studiate, l’unità d’Italia non vuole che vi adeguiate, vuole che pensiate, che vi risvegliate, che non deleghiate, la più bella commemorazione della nostra unità comincia dalla nostra anima culturale, dal nostro oltre, dobbiamo essere l’esempio non cercarne, dobbiamo essere il ritrovato non sperarlo… la speranza è l’ultima a morire ma quello che mi interessa è chi è il primo a rinascere! Nel calendario oltre due finte nude troveremo altre date, altre conquiste, altri giorni, altri quiz, altre cronache, altre storie, altri appuntamenti con la coscienza e le verità, altri morti.
La differenza tra i morti di fama e i morti di fame, tra famosi e amati, la differenza tra noti e stimati, tra fermi di mente e infermi di mente, tra fuga di cervelli e corpi che purtroppo restano, la differenza tra essere avvenenti e saper avvenire, tra vivo e vivente, tra stato e stato confusionale, tra morte apparente e vita apparente, tra nazione e nazionale, c’è differenza, tra giusto e aggiustato, tra connivenza pubblica e ricerca interiore, tra unità e impunità, tra animali e anime. Allora, pensanti: smettiamola di piangere sul latte versato, cambiamo mucche! W l’italia, se desta, se assopita e sedata un po’ meno...
Link: http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2489869&yy=2010&mm=05&dd=21&title=litalia_che_non_si_sveglia
domenica 9 maggio 2010
Peppino Impastato
Intendo ricordarlo con i suoi stessi versi.
Lunga è la notte
e senza tempo.
Il cielo gonfio di pioggia
non consente agli occhi
di vedere le stelle.
Non sarà il gelido vento
a riportare la luce,
nè il canto del gallo,
nè il pianto di un bimbo.
Troppo lunga è la notte,
senza tempo,
infinita.
e senza tempo.
Il cielo gonfio di pioggia
non consente agli occhi
di vedere le stelle.
Non sarà il gelido vento
a riportare la luce,
nè il canto del gallo,
nè il pianto di un bimbo.
Troppo lunga è la notte,
senza tempo,
infinita.
Tags
Peppino Impastato,
poesia,
Schizzi
martedì 4 maggio 2010
FREEDOM OF THE PRESS 2010
Passa anche tu un momento divertente, cerca l'Italia nella classifica sulla libertà di stampa 2010!
(Clicca sull'immagine per la classifica di Freedom House).
(Clicca sull'immagine per la classifica di Freedom House).

Tags
libertà di stampa,
Schizzi
sabato 1 maggio 2010
domenica 25 aprile 2010
sabato 17 aprile 2010
Schizzi, n.8
Di seguito Roberto Saviano risponde alle accuse di un vecchio decrepito.
Il Premier mi vuole zittire, ma sui clan non tacerò mai.

Presidente Silvio Berlusconi, le scrivo dopo che in una conferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere responsabile di "supporto promozionale alle cosche". Non sono accuse nuove. Mi vengono rivolte da anni: si fermi un momento a pensare a cosa le sue parole significano. A quanti cronisti, operatori sociali, a quanti avvocati, giudici, magistrati, a quanti narratori, registi, ma anche a quanti cittadini che da anni, in certe parti d'Italia, trovano la forza di raccontare, di esporsi, di opporsi, pensi a quanti hanno rischiato e stanno tutt'ora rischiando, eppure vengono accusati di essere fiancheggiatori delle organizzazioni criminali per il solo volerne parlare. Perché per lei è meglio non dire.
è meglio la narrativa del silenzio. Del visto e taciuto. Del lasciar fare alle polizie ai tribunali come se le mafie fossero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esattamente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nostra appunto è un'espressione ancor prima di divenire il nome di un'organizzazione.
Io credo che solo e unicamente la verità serva a dare dignità a un Paese. Il potere mafioso è determinato da chi racconta il crimine o da chi commette il crimine?
Il ruolo della 'ndrangheta, della camorra, di Cosa nostra è determinato dal suo volume d'affari - cento miliardi di euro all'anno di profitto - un volume d'affari che supera di gran lunga le più granitiche aziende italiane. Questo può non esser detto? Lei stesso ha presentato un dato che parla del sequestro alle mafie per un valore pari a dieci miliardi di euro. Questo significa che sono gli scrittori ad inventare? Ad esagerare? A commettere crimine con la loro parola? Perché? Michele Greco il boss di Cosa Nostra morto in carcere al processo contro di lui si difese dicendo che "era tutta colpa de Il Padrino" se in Sicilia venivano istruiti processi contro la mafia. Nicola Schiavone, il padre dei boss Francesco Schiavone e Walter Schiavone, dinanzi alle telecamere ha ribadito che la camorra era nella testa di chi scriveva di camorra, che il fenomeno era solo legato al crimine di strada e che io stesso ero il vero camorrista che scriveva di queste storie quando raccontava che la camorra era impresa, cemento, rifiuti, politica.
Per i clan che in questi anni si sono visti raccontare, la parola ha rappresentato sempre un affronto perché rendeva di tutti informazioni e comportamenti che volevano restassero di pochi. Perché quando la parola rende cittadinanza universale a quelli che prima erano considerati argomenti particolari, lontani, per pochi, è in quell'istante che sta chiamando un intervento di tutti, un impegno di molti, una decisione che non riguarda più solo addetti ai lavori e cronisti di nera. Le ricordo le parole di Paolo Borsellino in ricordo di Giovanni Falcone pronunciate poco prima che lui stesso fosse ammazzato. "La lotta alla mafia è il primo problema da risolvere ... non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni le spinga a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale della indifferenza della contiguità e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo mi disse: la gente fa il tifo per noi. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale dà al lavoro dei giudici, significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze".
Il silenzio è ciò che vogliono. Vogliono che tutto si riduca a un problema tra guardie e ladri. Ma non è così. E' mostrando, facendo vedere, che si ha la possibilità di avere un contrasto. Lo stesso Piano Caserta che il suo governo ha attuato è partito perché è stata accesa la luce sull'organizzazione dei casalesi prima nota solo agli addetti ai lavori e a chi subiva i suoi ricatti.
Eppure la sua non è un'accusa nuova. Anche molte personalità del centrosinistra campano, quando uscì il libro, dissero che avevo diffamato il rinascimento napoletano, che mi ero fatto pubblicità, che la mia era semplicemente un'insana voglia di apparire. Quando c'è un incendio si lascia fuggire chi ha appiccato le fiamme e si dà la colpa a chi ha dato l'allarme? Guardando a chi ha pagato con la vita la lotta per la verità, trovo assurdo e sconfortante pensare che il silenzio sia l'unica strada raccomandabile. Eppure, Presidente, avrebbe potuto dire molte cose per dimostrare l'impegno antimafia degli italiani. Avrebbe potuto raccontare che l'Italia è il paese con la migliore legislazione antimafia del mondo. Avrebbe potuto ricordare di come noi italiani offriamo il know-how dell'antimafia a mezzo mondo. Le organizzazioni criminali in questa fase di crisi generalizzata si stanno infiltrando nei sistemi finanziari ed economici dell'occidente e oggi gli esperti italiani vengono chiamati a dare informazioni per aiutare i governi a combattere le organizzazioni criminali di ogni genealogia. E' drammatico - e ne siamo consapevoli in molti - essere etichettati mafiosi ogni volta che un italiano supera i confini della sua terra. Certo che lo è. Ma non è con il silenzio che mostriamo di essere diversi e migliori.
Diffondendo il valore della responsabilità, del coraggio del dire, del valore della denuncia, della forza dell'accusa, possiamo cambiare le cose.
Accusare chi racconta il potere della criminalità organizzata di fare cattiva pubblicità al paese non è un modo per migliorare l'immagine italiana quanto piuttosto per isolare chi lo fa. Raccontare è il modo per innescare il cambiamento. Questa è l'unica strada per dimostrare che siamo il paese di Giovanni Falcone, di Don Peppe Diana, e non il paese di Totò Riina e di Schiavone Sandokan. Credo che nella battaglia antimafia non ci sia una destra o una sinistra con cui stare. Credo semplicemente che ci sia un movimento culturale e morale al quale aspirare. Io continuerò a parlare a tutti, qualunque sarà il credo politico, anche e soprattutto ai suoi elettori, Presidente: molti di loro, credo, saranno rimasti sbigottiti ed indignati dalle sue parole. Chiedo ai suoi elettori, chiedo agli elettori del Pdl di aiutarla a smentire le sue parole. E' l'unico modo per ridare la giusta direzione alla lotta alla mafia. Chiederei di porgere le sue scuse non a me - che ormai ci sono abituato - ma ai parenti delle vittime di tutti coloro che sono caduti raccontando. Io sono un autore che ha pubblicato i suoi libri per Mondadori e Einaudi, entrambe case editrici di proprietà della sua famiglia. Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia, pensavo che avesse gli strumenti per convalidare anche posizioni forti, correnti di pensiero diverse. Dopo le sue parole non so se sarà più così. E non so se lo sarà per tutti gli autori che si sono occupati di mafie esponendo loro stessi e che Mondadori e Einaudi in questi anni hanno pubblicato. La cosa che farò sarà incontrare le persone nella casa editrice che in questi anni hanno lavorato con me, donne e uomini che hanno creduto nelle mie parole e sono riuscite a far arrivare le mie storie al grande pubblico. Persone che hanno spesso dovuto difendersi dall'accusa di essere editor, uffici stampa, dirigenti, "comprati". E che invece fino ad ora hanno svolto un grande lavoro. E' da loro che voglio risposte.
Una cosa è certa: io, come molti altri, continueremo a raccontare. Userò la parola come un modo per condividere, per aggiustare il mondo, per capire. Sono nato, caro Presidente, in una terra meravigliosa e purtroppo devastata, la cui bellezza però continua a darmi forza per sognare la possibilità di una Italia diversa. Una Italia che può cambiare solo se il sud può cambiare. Lo giuro Presidente, anche a nome degli italiani che considerano i propri morti tutti coloro che sono caduti combattendo le organizzazioni criminali, che non ci sarà giorno in cui taceremo. Questo lo prometto. A voce alta.
©2010 Roberto Saviano/
Agenzia Santachiara
Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/04/17/news/lettera_saviano-3407443/
Il Premier mi vuole zittire, ma sui clan non tacerò mai.

Presidente Silvio Berlusconi, le scrivo dopo che in una conferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere responsabile di "supporto promozionale alle cosche". Non sono accuse nuove. Mi vengono rivolte da anni: si fermi un momento a pensare a cosa le sue parole significano. A quanti cronisti, operatori sociali, a quanti avvocati, giudici, magistrati, a quanti narratori, registi, ma anche a quanti cittadini che da anni, in certe parti d'Italia, trovano la forza di raccontare, di esporsi, di opporsi, pensi a quanti hanno rischiato e stanno tutt'ora rischiando, eppure vengono accusati di essere fiancheggiatori delle organizzazioni criminali per il solo volerne parlare. Perché per lei è meglio non dire.
è meglio la narrativa del silenzio. Del visto e taciuto. Del lasciar fare alle polizie ai tribunali come se le mafie fossero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esattamente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nostra appunto è un'espressione ancor prima di divenire il nome di un'organizzazione.
Io credo che solo e unicamente la verità serva a dare dignità a un Paese. Il potere mafioso è determinato da chi racconta il crimine o da chi commette il crimine?
Il ruolo della 'ndrangheta, della camorra, di Cosa nostra è determinato dal suo volume d'affari - cento miliardi di euro all'anno di profitto - un volume d'affari che supera di gran lunga le più granitiche aziende italiane. Questo può non esser detto? Lei stesso ha presentato un dato che parla del sequestro alle mafie per un valore pari a dieci miliardi di euro. Questo significa che sono gli scrittori ad inventare? Ad esagerare? A commettere crimine con la loro parola? Perché? Michele Greco il boss di Cosa Nostra morto in carcere al processo contro di lui si difese dicendo che "era tutta colpa de Il Padrino" se in Sicilia venivano istruiti processi contro la mafia. Nicola Schiavone, il padre dei boss Francesco Schiavone e Walter Schiavone, dinanzi alle telecamere ha ribadito che la camorra era nella testa di chi scriveva di camorra, che il fenomeno era solo legato al crimine di strada e che io stesso ero il vero camorrista che scriveva di queste storie quando raccontava che la camorra era impresa, cemento, rifiuti, politica.
Per i clan che in questi anni si sono visti raccontare, la parola ha rappresentato sempre un affronto perché rendeva di tutti informazioni e comportamenti che volevano restassero di pochi. Perché quando la parola rende cittadinanza universale a quelli che prima erano considerati argomenti particolari, lontani, per pochi, è in quell'istante che sta chiamando un intervento di tutti, un impegno di molti, una decisione che non riguarda più solo addetti ai lavori e cronisti di nera. Le ricordo le parole di Paolo Borsellino in ricordo di Giovanni Falcone pronunciate poco prima che lui stesso fosse ammazzato. "La lotta alla mafia è il primo problema da risolvere ... non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni le spinga a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale della indifferenza della contiguità e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo mi disse: la gente fa il tifo per noi. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale dà al lavoro dei giudici, significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze".
Il silenzio è ciò che vogliono. Vogliono che tutto si riduca a un problema tra guardie e ladri. Ma non è così. E' mostrando, facendo vedere, che si ha la possibilità di avere un contrasto. Lo stesso Piano Caserta che il suo governo ha attuato è partito perché è stata accesa la luce sull'organizzazione dei casalesi prima nota solo agli addetti ai lavori e a chi subiva i suoi ricatti.
Eppure la sua non è un'accusa nuova. Anche molte personalità del centrosinistra campano, quando uscì il libro, dissero che avevo diffamato il rinascimento napoletano, che mi ero fatto pubblicità, che la mia era semplicemente un'insana voglia di apparire. Quando c'è un incendio si lascia fuggire chi ha appiccato le fiamme e si dà la colpa a chi ha dato l'allarme? Guardando a chi ha pagato con la vita la lotta per la verità, trovo assurdo e sconfortante pensare che il silenzio sia l'unica strada raccomandabile. Eppure, Presidente, avrebbe potuto dire molte cose per dimostrare l'impegno antimafia degli italiani. Avrebbe potuto raccontare che l'Italia è il paese con la migliore legislazione antimafia del mondo. Avrebbe potuto ricordare di come noi italiani offriamo il know-how dell'antimafia a mezzo mondo. Le organizzazioni criminali in questa fase di crisi generalizzata si stanno infiltrando nei sistemi finanziari ed economici dell'occidente e oggi gli esperti italiani vengono chiamati a dare informazioni per aiutare i governi a combattere le organizzazioni criminali di ogni genealogia. E' drammatico - e ne siamo consapevoli in molti - essere etichettati mafiosi ogni volta che un italiano supera i confini della sua terra. Certo che lo è. Ma non è con il silenzio che mostriamo di essere diversi e migliori.
Diffondendo il valore della responsabilità, del coraggio del dire, del valore della denuncia, della forza dell'accusa, possiamo cambiare le cose.
Accusare chi racconta il potere della criminalità organizzata di fare cattiva pubblicità al paese non è un modo per migliorare l'immagine italiana quanto piuttosto per isolare chi lo fa. Raccontare è il modo per innescare il cambiamento. Questa è l'unica strada per dimostrare che siamo il paese di Giovanni Falcone, di Don Peppe Diana, e non il paese di Totò Riina e di Schiavone Sandokan. Credo che nella battaglia antimafia non ci sia una destra o una sinistra con cui stare. Credo semplicemente che ci sia un movimento culturale e morale al quale aspirare. Io continuerò a parlare a tutti, qualunque sarà il credo politico, anche e soprattutto ai suoi elettori, Presidente: molti di loro, credo, saranno rimasti sbigottiti ed indignati dalle sue parole. Chiedo ai suoi elettori, chiedo agli elettori del Pdl di aiutarla a smentire le sue parole. E' l'unico modo per ridare la giusta direzione alla lotta alla mafia. Chiederei di porgere le sue scuse non a me - che ormai ci sono abituato - ma ai parenti delle vittime di tutti coloro che sono caduti raccontando. Io sono un autore che ha pubblicato i suoi libri per Mondadori e Einaudi, entrambe case editrici di proprietà della sua famiglia. Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia, pensavo che avesse gli strumenti per convalidare anche posizioni forti, correnti di pensiero diverse. Dopo le sue parole non so se sarà più così. E non so se lo sarà per tutti gli autori che si sono occupati di mafie esponendo loro stessi e che Mondadori e Einaudi in questi anni hanno pubblicato. La cosa che farò sarà incontrare le persone nella casa editrice che in questi anni hanno lavorato con me, donne e uomini che hanno creduto nelle mie parole e sono riuscite a far arrivare le mie storie al grande pubblico. Persone che hanno spesso dovuto difendersi dall'accusa di essere editor, uffici stampa, dirigenti, "comprati". E che invece fino ad ora hanno svolto un grande lavoro. E' da loro che voglio risposte.
Una cosa è certa: io, come molti altri, continueremo a raccontare. Userò la parola come un modo per condividere, per aggiustare il mondo, per capire. Sono nato, caro Presidente, in una terra meravigliosa e purtroppo devastata, la cui bellezza però continua a darmi forza per sognare la possibilità di una Italia diversa. Una Italia che può cambiare solo se il sud può cambiare. Lo giuro Presidente, anche a nome degli italiani che considerano i propri morti tutti coloro che sono caduti combattendo le organizzazioni criminali, che non ci sarà giorno in cui taceremo. Questo lo prometto. A voce alta.
©2010 Roberto Saviano/
Agenzia Santachiara
Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/04/17/news/lettera_saviano-3407443/
Tags
berlusconi,
camorra,
gomorra,
mafia,
piovra,
roberto saviano,
Schizzi
giovedì 18 marzo 2010
Schizzi, n.7
Alessandro Robecchi e le sue FIGU!
Ennio Flaiano, a cento anni dalla sua nascita ce lo ricordano così.
Ennio Flaiano, a cento anni dalla sua nascita ce lo ricordano così.
mercoledì 3 febbraio 2010
Schizzi, n.6
Data la vasta eco mediatica che ha ricevuto (certoooo), trovo opportuno riproporre l'intervista realizzata da Alessandro Gilioli all'avvocato Carlo Taormina. Avviso, inoltre, che non c'è nessuna ingenua intenzione da parte mia di beatificare l'ex avvocato del premier o di ergerlo a leader di turno dell'opposizione.
La verità su B. raccontata dal suo ex avvocato.
Fonte: Piovono rane.
«Conosco bene il modo con cui Berlusconi chiede ai suoi legali di fare le leggi ad personam, perché fino a pochi anni fa lo chiedeva a me. E, contrariamente a quello che sostiene in pubblico, con i suoi avvocati non ha alcun problema a dire che sono leggi per lui. Per questo oggi lo affermo con piena cognizione di causa: quelle che stanno facendo sono norme ad personam».
Carlo Taormina, 70 anni, è stato uno dei legali di punta del Cavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il suo giro – uscendo anche dal Parlamento – a seguito di quella che lui ora chiama «una crisi morale». Ormai libero da vincoli politici, in questa intervista a Piovonorane dice quello che pensa e che sa su Berlusconi e le sue leggi.
Avvocato, qual è il suo parere sulle due norme che il premier sta facendo passare in questi giorni, il processo breve e il legittimo impedimento?
«La correggo: le norme che gli servono per completare il suo disegno sono tre. Lei ha dimenticato il Lodo Alfano Bis, da approvare come legge costituzionale, che è fondamentale».
Mi spieghi meglio.
«Iniziamo dal processo breve: si tratta solo di un ballon d’essai, di una minaccia che Berlusconi usa per ottenere il legittimo impedimento. Il processo breve è stato approvato al Senato ma scommetterei che alla Camera non lo calendarizzeranno neanche, insomma finirà in un cassetto».
E perché?
«Perché il processo breve gli serve solo per alzare il prezzo della trattativa. A un certo punto rinuncerà al processo breve per avere in cambio il legittimo impedimento, cioè la possibilità di non presentarsi alle udienze dei suoi processi e di ottenere continui rinvii. Guardi, la trattativa è già in corso e l’Udc, ad esempio, ha detto che se lui rinuncia al processo breve, vota a favore del legittimo impedimento».
La verità su B. raccontata dal suo ex avvocato.
Fonte: Piovono rane.
«Conosco bene il modo con cui Berlusconi chiede ai suoi legali di fare le leggi ad personam, perché fino a pochi anni fa lo chiedeva a me. E, contrariamente a quello che sostiene in pubblico, con i suoi avvocati non ha alcun problema a dire che sono leggi per lui. Per questo oggi lo affermo con piena cognizione di causa: quelle che stanno facendo sono norme ad personam».
Carlo Taormina, 70 anni, è stato uno dei legali di punta del Cavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il suo giro – uscendo anche dal Parlamento – a seguito di quella che lui ora chiama «una crisi morale». Ormai libero da vincoli politici, in questa intervista a Piovonorane dice quello che pensa e che sa su Berlusconi e le sue leggi.
Avvocato, qual è il suo parere sulle due norme che il premier sta facendo passare in questi giorni, il processo breve e il legittimo impedimento?
«La correggo: le norme che gli servono per completare il suo disegno sono tre. Lei ha dimenticato il Lodo Alfano Bis, da approvare come legge costituzionale, che è fondamentale».
Mi spieghi meglio.
«Iniziamo dal processo breve: si tratta solo di un ballon d’essai, di una minaccia che Berlusconi usa per ottenere il legittimo impedimento. Il processo breve è stato approvato al Senato ma scommetterei che alla Camera non lo calendarizzeranno neanche, insomma finirà in un cassetto».
E perché?
«Perché il processo breve gli serve solo per alzare il prezzo della trattativa. A un certo punto rinuncerà al processo breve per avere in cambio il legittimo impedimento, cioè la possibilità di non presentarsi alle udienze dei suoi processi e di ottenere continui rinvii. Guardi, la trattativa è già in corso e l’Udc, ad esempio, ha detto che se lui rinuncia al processo breve, vota a favore del legittimo impedimento».
lunedì 11 gennaio 2010
mercoledì 9 dicembre 2009
Schizzi, n.4
Siore e Siori venghino. Oggi vi si propone il dietro le quinte dello spettacolo più tempestivo della storia: l'arresto dei due boss mafiosi il giorno del No B-Day.
Qui, per il video.
Qui, per il video.
sabato 5 dicembre 2009
Iscriviti a:
Post (Atom)